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L’escursione di sabato 01 aprile ’23 si è svolta, per una seconda edizione, all’interno della zona umida (palude) di Ladispoli, uno dei lembi residuali di un’antica duna che nel passato caratterizzava tutta la costa laziale e più in genere, tirrenica. Il canneto ed il giuncheto degli stagni e dei prati allagati offrono riparo e cibo all’avifauna migratoria, svernante, di passo e stanziale.

All’ingresso del Monumento Naturale ci ha accolti Ian, un giovane ricercatore, aprendoci la porta della “Casetta” – il centro visite (gestito dal personale delle Aree protette di Roma Capitale) usualmente chiuso nei week-end. All’interno è ospitato il piccolo Museo della Natura ad opera principalmente dei bambini che vi hanno fatto visita, uno scrigno di biodiversità: dalla mandibola di un cinghiale alla muta di un serpente, dalla gigantesca sfera di posidonia oceanica alle conchiglie
di innumerevoli molluschi spiaggiati (nella Riserva se ne contano oltre 130 specie diverse, che hanno la propria casa nella zona SIC – sito di interesse comunitario – delle Secche di Torre Flavia, ospitante praterie di questa pianta).

A seguire siamo tornati a trovare Daniele Iavicoli, esperto naturalista, al capanno di inanellamento scientifico: questa pratica, come accennato nell’articolo riguardante la precedente escursione, studia le rotte migratorie e le condizioni di salute di piccoli uccellini, prevalentemente passeriformi, che hanno il proprio punto di sosta negli stagni della palude. Questa volta il vento era davvero forte, per cui giustamente gli uccellini hanno deciso di proteggersi all’interno del canneto e non erano stati sorpresi dalle reti ‘nebbia’ di cattura…

E’ andata diversamente al canale Mantovani, laddove per circa settant’anni è stata praticata da questa famiglia piscicoltura, attività che ha per così dire salvato la palude da altri usi e destinazioni, preservandone gli aspetti naturali: qui coi nostri retini, grazie al tepore dell’acqua, molti gamberetti di fiume sono stati colti in flagrante e posti temporaneamente all’interno del nostro barattolo, “acquario portatile”, per l’osservazione.

Le esperienze svolte hanno poi compreso la messa a dimora di alcuni semini leggerissimi di giglio di mare, dei carboncini in genere trasportati dal vento che navigano sulle acque marine per la propria diffusione; l’osservazione delle forme particolari di tante conchiglie; ed infine, all’interno del boschetto degli olmi, dopo una meritata pausa pranzo, il laboratorio creativo degli aquiloni.

L’aquilone è il simbolo scelto per condensare tutti gli elementi che caratterizzano l’area
naturalistica: il vento infatti è la forza che muove ogni cosa al suo interno, dalla formazione delle dune embrionali alle onde che si infrangono sulla battigia trasportando conchiglie, pezzi d’alga, resti di posidonia, addirittura meduse o com’è capitato qualche tempo fa… uova di razza. Il vento plasma il paesaggio e la natura mostra le sue capacità di resilienza.
Salutando per l’ultima volta la garzetta e le folaghe, l’usignolo di fiume ed il martin pescatore, attraversiamo gli ultimi lembi del territorio e ci avviamo sulla strada del ritorno.

Alla prossima