La figura del cavaliere, inizialmente di umili origini (IX sec.), assunse con il tempo un’aura di sacralità, non soltanto per i compiti di difesa e fedeltà al signore, ma anche per il codice di condotta che ne caratterizzava il comportamento dopo l’investitura.
Il cavaliere doveva rispondere al “grido” del castello e per questo ricercare il possesso non di ricchezze e beni materiali ma di qualità morali (essere coraggioso, generoso, forte ed abile) e spirituali. Viveva fin da piccolo a contatto con la natura (sapeva cavarsela nel bosco!) e con il suo animale “guida”, il cavallo per l’appunto. Se dapprima il giovane era adatto a portare l’equipaggiamento del cavaliere, con l’investitura egli riceveva la spada, simbolo della croce. Di qui lealtà (mai tradire la parola data) ed il senso della missione.
Il destino di un cavaliere, come quello del nostro gruppetto di adolescenti che qui abbiamo condotto, era incerto, esposto a bivi. Sole e tempesta ne abbagliavano o funestavano la strada. Nel cavaliere una scelta sbagliata avrebbe significato mettere a repentaglio, rischiare o perdere la propria e l’altrui vita; anche per gli adolescenti che abbiamo accompagnato ieri il tema della “scelta” tuttavia merita attenzione. Perché è in quell’età chiave che si può scegliere di vivere con educazione, con un codice di condotta che ci accompagnerà per il resto della nostra vita.
Iniziano a manifestarsi i primi dissidi, litigi, invidie, gelosie. La pressione dell’ambiente in cui si è nati è già pienamente dispiegata, la scuola – come secondo ambiente educativo – ha un compito altrettanto importante. Saprà agganciare l’energia creativa di cui ciascuno di questi cavalieri è portatore?
Noi scegliamo di percorrere il sentiero dei castelli e delle fiabe, crediamo nel valore e nell’esperienza del camminare attraversando, nel vedere con i propri occhi un agnellino appena nato e desiderare di toccarlo con mano,
salvo poi scoprire che gli animali hanno tanta paura di noi.
Speriamo che il camminare e vedere un castello di fronte a sé, con le sue mura, ed il resto del borgo diroccato che racconta di tempi antichi, sappia loro parlare e faccia nascere una scintilla e un interesse, che vada oltre quel micro e macro universo dei cellulari,
che faccia spaziare la vista tutta attorno nella valle del Tevere,
trovare forza nelle mani per arrampicarsi,
nelle gambe per superare un ostacolo,
nell’amico che si ha accanto innanzitutto per ascoltarlo.