Dove fa il nido il picchio verde? Ci sono degli aironi in città? E quella testuggine così colorata da dove viene?
La natura va in città. A poca distanza da palazzoni, cemento e smog, un dedalo di sentieri si intreccia formando nuvole di bosco all’interno della villa, in gran parte pettinata, ordinata per il resto. A noi interessa proprio percorrere quei tratti dove qualche albero caduto, mangiato da batteri, funghi e insetti xilofagi, lascia intravedere che natura c’è e sta facendo il suo corso.
Da qualche mese ho scoperto alcuni parkouristi in giro per l’Europa che stanno dando una nuova veste alla disciplina, spostandola dal suo habitat originario, la città, verso la natura. Così salti, capriole, arrampicate vengono svolte essenzialmente sugli alberi e le rocce. Vedere quelle immagini è entusiasmante, il rischio è alto ma i valori che stanno alla base a me sembrano giustificarlo: riscoprire le potenzialità dell’uomo, una specie naturalmente arboricola, ridare dignità al suo corpo e alle sue funzionalità – perlopiù atrofizzate dallo sviluppo tecnologico che ci ha resi meno attivi e più sedentari. Non a caso uno di questi fantastici interpreti della disciplina parla di “primal parkour”, qualcosa che è primario nell’uomo.
Del resto – e qui finisco la divagazione e mi appresto ad arrivare al punto – che l’uomo sia essenzialmente arboricolo e radicato nella natura lo si può notare constatando quante tonalità di verde siamo in grado di distinguere ad occhio nudo, un’infinità. Fateci caso la prossima volta che vi approcciate a camminare su un prato. Non si può dire la stessa cosa per il rosso o altri colori.
Vi dico questo perché anch’io la scorsa Estate ho provato nel mio piccolo a vincere una parte della mia paura per le altezze e la verticalità, aggrappandomi a qualche albero e salendolo. Tuttavia, colpo di scena! l’ispirazione non me l’hanno data i parkouristi incredibili, bensì i bambini che accompagnavo già molto prima di aver visto quelle immagini.
Mi sono reso conto in questi anni, sempre più, che avevano ragione loro nel modo di approcciare la natura. Che non bastava camminare e osservare. Non bastava nemmeno il tentativo di conoscere. Bisognava spingere l’immaginazione più in là, riappropriandosi di uno spazio che è anche nostro, la nostra casa.
Allo stesso tempo che io mi allenassi e fossi pronto per le escursioni e non solo per camminare, è diventato necessario, per prendere, afferrare, abbracciare, reggere e sostenere, saltare, trovare l’equilibrio, uno sviluppo anche fisico e delle sensazioni che lo stare in natura ti può dare.
Preparare un’escursione è diventato infinitamente più che valutare un sentiero e sceglierlo. L’allenamento inoltre è parte della dimensione sicurezza all’interno delle escursioni.
E allora mi auguro per chi vorrà osservare queste immagini e leggere queste righe che scrivo, che possano rappresentare uno spunto di educazione in natura: guardate la galleria di bambini arboricoli, la curiosità che hanno verso gli animali del laghetto. Chi sta educando chi. La relazione educativa è biunivoca. Cosa ne pensate?
Alla prossima tappa, sugli alberi.